Trump, dalla Siria ai tre “fronti iraniani”

Il Dinosauro
6 min readOct 9, 2019

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Immagine Google di Limes

Trump ritira 150 soldati americani dalla Siria. Ecco una serie di riflessioni a seguito di un dialogo in merito alla geopolitica mediorientale e gli equilibri di forza tra States, Russia, Iran, Arabia, Europa e Turchia.

La ritirata dalla Siria ovviamente è una mossa politica molto conveniente per Trump. Una buona detta di elettori medi vedono la guerra in Siria ed in Libia come un “problema europeo che però l’Europa non sa risolvere da sola perché sono incapaci e quindi necessitano dell’America” (una realtà storica da almeno cent’anni). Nella realtà però questo significa che quelle truppe non torneranno a casa ma saranno solamente spostate in stati vicini dove ora come ora sono presenti operazioni… ossia in Iraq (infatti lì c’è l’operazione Inherent Resolve che è anche quella attiva in Siria, quindi è facilissimo spostare truppe tra i due paesi), Afghanistan (operazione Freedom Sentinel) e Arabia saudita ( operazione Yukon Journey, contro lo Yemen).

Parliamo in particolare dell’Iraq, stato estremamente instabile che vede il contrapporsi delle influenze di Iran (che è anche alleato dello Yemen) e America, ora rafforzate visto l’abbandono della Siria. In Iraq si può notare come proprio in quest’ ultima settimana ci sono stati molti scontri per il carovita, un sacco di morti, possibili cecchini e molti luoghi pubblici dati alle fiamme. Quest’ultimo perché le proteste sono proprio contro il governo, che accusano essere burattinato dall’iran.
La situazione è molto tesa e si pensa che potrebbero essere terreno fertile per il ritorno della radicalizzazione religiosa nella zona e l’inasprimento (senza più vie di ritorno) tra Tehran e Trump (sempre più alla palese ricerca di guerre, dal drone abbattuto alla guerra alla “pirateria” nel Golfo Persico, passando per l’uscita dell’Iran dall’accordo sul nucleare, oltre a un passato ancora più burrascoso e recente).

Trump sa che con Tehran va a colpo sicuro se cerca diatribe… I negoziati hanno sempre una buona percentuale di andare male e l’astio è sempre tanto…

Inoltre chissà come mai Trump sta spostando le sue pedine proprio in posti dove l’Iran ha interessi, ovvero Yemen (il drone!), Afghanistan (tra l’altro, si ricordi la legge iraniana che permetteva a persone afghane con elevate competenze scientifiche o sposate con/ figlie di iraniani di prende la cittadinanza iraniana) e Iraq (influenze politiche e strategiche passando per quelle religiose).

Ma parliamo anche della Siria…. ora che gli americani se ne vanno ci sono due stati che diventano primari in quella zona: Turchia e Russia.
La Turchia dice di essere già pronta ad attaccare il Kurdistan perché minacciata… il problema è che non sono così potenti e tutto il mondo lo sa… un loro intervento solleverebbe solo un polverone nella zona e metterebbe nei casini l’Europa (cosa che a Trump piace), L’Iran (che da anni cerca di tenere buona Ankara) e relativamente anche la Russia (perché volente o nolente è sua alleata e perché vuole una situazione tranquilla per gestire tranquillamente i suoi interessi meridionali)…

Erdogan ha molti problemi nel suo esercito, problemi iniziati quando è fallito il golpe. Infatti in quel golpe sono saltate un sacco di teste nell’esercito (ed è dai tempi dell’Unione Sovietica che la storia insegna di come, una volta uccisa una classe dirigente, a rimetterla in sesto ci vuole tempo o il rischio di un crollo)… moltissime anche nei servizi segreti… Questo ha portato ad avere un esercito meno preparato, come si è visto nell’operazione Ramoscello d’Ulivo in cui su 20 carri inviati contro il Kurdistan ne sono sopravvissuti solo 8…

La Russia ricordiamoci che ha il suo più grande porto militare nel Mediterraneo proprio in Siria (noleggiato per 49 anni ) ed ora lo “zar” Putin vuole la pace per potersi concentrare a radicare per bene il governo siriano da lui sostenuto…. ricordiamo che in caso Ankara iniziasse ad attaccare, la Russia si troverebbe tra l’incudine ed il martello tra Europa e la Turchia … perché ricordiamoci che l’Europa è filocurda (e la Russia sta cercando di aprirsi all’Europa commercialmente di recente… vedi l’asse con l’Italia proprio per questo)…

Però non può abbandonare la Turchia perché è l’unica Potenza dittatoriale “europea” rimasta… ottimo ponte/scusante per il suo governo. Insomma, l’autoritarismo in Turchia serve come specchietto per le allodole così da deviare l’attenzione dalla gestione della Federazione Russa.

È lecito pensare che Putin ed Erdogan troveranno un accordo per la questione Siria… e questo accordo vedremo come sarà in base a come gestiranno un’altra questione: i fondali di Cipro (che hanno giacimenti di petrolio che entrambi vogliono).

Forse Putin ha un sacco di scheletri nell’armadio su Erdogan (tutto sommato i russi sanno ancora come si fa spionaggio, scuola KGB docet) quindi sicuro troverà un modo per sistemare la cosa a suo comodo…. Trump invece potrebbe aspettare che lo scontro ci sia e che l’Europa si trovi costretta a chiedere l’aiuto americano (così che Trump possa mostrare all’elettorato la sudditanza europea, disincentivando l’acquisto di prodotti europei. Una ricerca disperata probabilmente, dovuta dai timori di Trump di non riuscire a trovare un modo di delegittimare Biden).

Torniamo un secondo alla questione turca. Il fatto che la Russia in “buoni rapporti” con la Turchia è una cosa curiosa se valutata storicamente, ma questo dipende dal fatto che, delle tre filosofie politiche che attraversano i turchi, quella attualmente in voga è la panturanica (rispetto a quella neottomana islamista su cui si insiste ma che, secondo me, non è effettivamente il fulcro della politica di Erdogan e quella laica-europeista, che logicamente è sempre spina nel fianco dei russi e che infatti sino ad ora era predominante)

La gestione dei fondali di Cipro probabilmente rischia di aprire una spaccatura importante tra russi e turchi, perché per quella appropriazione passa la mai dimenticata domanda sul diritto alla sovranità di Cipro (la Turchia potenzialmente, controllando il Nord dell’isola, può rivendicare un maggior numero di zone).

Senza dimenticare che c’è la questione caucasica, dove passano oleodotti e gasdotti e che vede i tre paesi della zona avere tre diverse alleanze (gli armeni coi russi perché odiano i turchi, gli azeri con turchi e iraniani, i georgiani con l’Europa e infatti sono quelli nella situazione più delicata)

Ciò detto, USA in Siria.

Sicuramente agli americani poco importa del Kurdistan (e se è vero che la Turchia è indebolita potrebbe rischiare di dover chiedere alla Siria-Russa aiuto, quantomeno per eliminare la sacca curda a nord della Siria) e comunque l’Europa tendenzialmente è favorevole ai curdi ma mica poi tanto, ma mai alzerebbe un dito per difenderla (non lo muove per la Georgia figurarsi per una striscia di montanari lontana, in mezzo a nemici e indifendibile).

Probabilmente questa ennesima divisione politica tra Siria e Iraq (una russa una americana, un po’ come fecero inglesi e francesi) viene comoda ad ambedue i “big”, di certo non all’Iran che si trova ancora una volta senza alleati nella zona (con Israele che si sente rassicurata, hezbollah a parte).

Da questo punto di vista ritengo sia sensato mandare truppe in Iraq e Afghanistan, ovvero proprio sui confini (e due fronti) con la Repubblica islamica (più terzo fronte in Yemen). Gli USA sono in una posizione eccellente e sicuramente ora rafforzano la propria minaccia. E sicuro si tirano dietro il Regno Unito con le sue basi nell’Oceano Indiano e forti interessi nell’aria.

A questo punto per Trump è fondamentale la pace in Kashmir tra Pakistan e India (e Cina), perché una tensione così vicina all’Afghanistan aprirebbe un problema nella gestione del “fronte”. Combinazione vuole che proprio ora la situazione del Kashmir sia tornata alla ribalta. E tra l’altro con India e Pakistan che da due anni sono uscite dagli schemi di alleanza classici (il Pakistan era alleato USA, e confina con Iran e Afghanistan).

Israele? Tra ingovernabilità (con rafforzamento tra l’altro della lista filo-araba) e bombardamenti sulla blue line probabilmente è costretta a rimanere in attesa, senza poter prendere parte a questo valzer medioerientale.

D’altronde, se si volesse pure parlare della questione religiosa, la situazione sarebbe ulteriormente drammatica.

Il punto è: Trump, che aveva promesso di disinteressarsi al Medioriente ad inizio mandato concentrandosi sulle questioni del Mar Cinese e della Corea, si serve alla fine di questo territorio per la propria campagna elettorale? L’Iran è lo spauracchio contro cui lanciare ogni accusa e deviare l’attenzione (spauracchio molto comodo tra l’altro, sicuramente gli iraniani non fanno abbastanza per screditare l’immagine di “paese nemico dell’Occidente”).

Un fatto però resta lampante: l’Europa non difenderà il Kurdistan, non raccoglie consenso né entusiasmo, restando alla fine solo un argomento “di nicchia”, buono giusto per qualche tweet di ZeroCalcare o del PSI.

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