Savoia contro Genova nel Seicento

Intorno al Seicento il Ducato di Savoia aveva cominciato la sua ascesa in grado di trasformarla da un piccolo staterello più montanaro che regionale in una piccola ma competitiva nazione con un respiro internazionale. Tuttavia per realizzare ambizioni sempre più grandi i Savoia avevano chiarito da tempo la necessità di acquisire uno sbocco diretto ed immediato sul Mediterraneo, senza dover attraversare le montagne per raggiungere il proprio porto di Nizza. Il porto sabaudo di Oneglia invece risultava circondato dalla Repubblica di Genova, potenza militarmente in declino ma comunque ancora prestigiosa. Per tentare di scardinare le difese liguri nel basso Piemonte (su Gavi e Novi), tentare di espandersi nel ponente liguri unendosi ad Oneglia ed infine assecondare gli interessi del nuovo alleato, la Francia, nel colpire una nazione filo-spagnola, i Savoia decisero infine di muovere guerra a Genova in due occasioni, nel 1625 e nel 1672. La prima guerra fu mossa da Carlo Emanuele I, che aveva già conquistato definitivamente il Marchesato di Saluzzo, nell’ambito della Guerra dei Trent’anni. Ufficialmente il conflitto scoppiò a seguito del passaggio del Marchesato del Monferrato alla dinastia Gonzaga dopo la morte dell’ultimo dei Paleologo, creando un corridoio filo-spagnolo tra Milano e Finale Ligure, domini spagnoli, e l’alleata Genova. A seguito della rivendicazione sabauda sul dissolto Marchesato di Zuccarello (Savona), passato alla Spagna, i piemontesi decisero quindi di combattere contro i liguri. Conquistate le genovesi Capriata Ovada, Rossiglione, Novi, Voltaggio e Gavi, finirono per lasciare sguarnita Oneglia, conquistata a sua volta dai genovesi. Vittorio Amedeo, figlio del duca, si mosse in soccorso del feudo sabaudo conquistando Pieve di Teco per poi avanzare su Albenga, Oneglia, Porto Maurizio e Ventimiglia, dove tuttavia il castello non si arrese. Nel frattempo però il doge Federico de Franchi Toso accoglieva a Genova le truppe spagnole del Marchese di Santa Cruz (come dipinti qui da Antonio De Pereda in questo quadro, al museo Prado), provocando l’avanzata ispanico-genovese verso Acqui e Alessandria, mentre le truppe piemontesi unitesi a quelle francesi di François de Bonne de Lesdiguières fallivano l’assedio di Savona. Nel 1626 la guerra si concluse con un nulla di fatto, ristabilendo interamente i confini precedenti a conflitto.

Dopo lo status quo raggiunto nel primo conflitto, i Savoia decisero di muoversi per conto proprio. Il nuovo duca Carlo Emanuele II dichiarò guerra al doge Alessandro Grimaldi convinto da un mercenario genovese, Raffaele della Torre, condannato a morte in madrepatria e fuggito da Genova. Questi si recò a Savona per aizzare il popolo che tuttavia lo cacciò, ma nel mentre le unità piemontesi si erano già messe in cammino. Apprendendo che Savona non si era sollevata, questi decisero di muovere verso Zuccarello, Garessio e Pieve di Teco, mentre i genovesi si asserragliarono ad Albenga e conquistavano la sabauda Oneglia. Nel frattempo la genovese Ovada veniva conquistata, rafforzando inoltre le proprie unità su Acqui. Nel mentre l’occupazione di Pieve di Teco da parte del comandante piemontese Catalano Alfieri determinò la reazione ligure che, dopo la battaglia di Garlenda del luglio 1672 (raffigurata in questo acquerello della collezione bibliotecaria americana Vinkhuijzen) occupò Oneglia e, agli ordini del commissario generale Gianluca Durazzo, respinse i sabaudi a Castelvecchio. Il 6 agosto infine gli eserciti si scontrarono, provocando la definitiva vittoria ligure. L’Intervento come mediatore del re di Francia Luigi XIV nel gennaio 1673 ricostituì il precario status quo in seguito agli accordi di Saint-Germain-en-Laye.
Prossimamente il conflitto antecedente alla Rivolta del Balilla