Relazione sull’articolo Religion, State, and Secularism
Religion, State, and Secularism
How Should States Deal with Deep Religious Diversity?
Relazione sull’articolo:
Religion, State, and Secularism
How Should States Deal with Deep Religious Diversity?
(Religione, stato e secolarismo
Come gli Stati devono affrontare una profonda diversità religiosa?)
Autore: Rajeev Bhargava
Tratto da: The Handbook of Communication Ethics; G. Cheney, S. May, D. Munshi; Routledge, NY 2011
(Il Manuale dell’Etica della Comunicazione)
Rajeev Bhargava (nato nel 1954 in India) è professore di teoria politica e pensiero politico indiano, scrittore prolifico e direttore del CSDS, Centro per lo Studio delle Società Sviluppate a Delhi. Bhargava nei suoi lavori si è interessato ad argomenti quali il multiculturalismo, l’dentità politica e il secolarismo; Quest’ultimo argomento è stato trattato nel suo articolo nell’evidenziare i rapporti tra lo Stato e le Religioni, nel suo percorso storico, le necessità e i problemi che sono sorti con la Globalizzazione.
Nell’articolo, dopo l’introduzione ed un chiarimento del ruolo e della realtà sella secolarizzazione ai giorni nostri, si affronta il confronto tra i modelli di stato centrati su una religione (o stati confessionali) e quelli secolari, oltre ad alcuni modelli storici (e attuali) evidenziandone le carenze, introducendo in seguito due possibili modelli di secolarismo moderno.
Al giorno d’oggi tutti gli stati in cui si è affermato il modello del secolarismo sono entrati in crisi. Non deve sorprendere pertanto se anche il laicismo politico sia stato sottoposto a severe critiche.
Il termine secolarismo è entrato nel linguaggio giuridico durante le trattative per la pace di Vestfalia (1648), allo scopo di indicare il passaggio di beni e territori dalla Chiesa a possessori civili; dal XIX secolo è passato a indicare il processo di progressiva autonomizzazione delle istituzioni politico-sociali e della vita culturale dal controllo e/o dall’influenza della religione e della Chiesa (Specialmente in Europa, mentre altrove il processo verso altre religioni è stato più lento). In questa accezione, che fa del secolarismo uno dei tratti salienti della modernità, il termine ha perso la sua originaria neutralità e si è caricato di connotazioni valoriali di segno opposto, divenendo terreno di aspro scontro tra alcune delle più importanti correnti filosofiche e politiche, nella fattispecie tra anticlericali, atei e massoni in contrapposizione ai movimenti di ispirazione cristiana (nelle varie sfaccettature). Tuttavia il secolarismo non va letto in chiave anti-clericale ma contro l’omologazione e l’istituzionalizzazione della dominazione di un solo Credo.
Secondo l’autore, così come nei rapporti tre Stato e religioni, le persone intessono rapporti con gli altri, creano relazioni con gli altri, anche se hanno differenti opinioni, culture o religione. Le relazioni, azioni e attitudini tra persone, possono essere divise in tre gruppi: Azioni auto-orientate (intrapersonale), rivolte agli altri (interpersonali), o rivolte ad un mondo “non personale” (impersonale); ognuno di questi è un diverso approccio all’etica nella pratica.
Nel primo caso ci si chiede quali sono i nostri doveri etici verso gli altri, nella fattispecie a proposito della tolleranza o del rispetto verso le altre religioni. L’etica è difettosa se rivolta e perseguita da una sola collettività, marginalizzando o opprimendo altri e se permette la dominazione intereligiosa o intrareligiosa è carente. Così come le religioni che si impongono non sono un buon modello, soprattutto se richiedono o consentono l’uso della Forza (il potere coercitivo e repressivo dello Stato) per essere utilizzati per iniziare o perpetuare forme di dominazione nella società.
Bhargava propone così un diverso modello che lui denomina: secolarismo sociale critico. Questo modello di secolarismo cerca di modificare l’etica religiosa, rendendola più inclusiva, fornendo un punto di vista morale relativamente indipendente dalla quale liberare le religioni dal dominio interreligioso.
Il testo prosegue con un’analisi dei due sistemi di rapporto tra Stato e Religioni più diffusi, gli stati “Confessionali” e gli stati “Laici”.
Negli stati “centrati sulla religione” ci troviamo nella condizione propria del governo di uno stato che confessa ufficialmente una data religione, esercitando influenza sulle scelte politiche del paese, in alcuni casi applicando le leggi dell’unica religione di riferimento all’ordinamento dello Stato. In altri casi sono le stesse figure religiose a mantenere il potere della nazione, o comunque ci troviamo in casi in cui il Governo privilegi una singola religione (Religione di Stato). Se uno stato abbandona il secolarismo e permette il dominio delle leggi o di classi religiose, permette il dominio inter e intra-religioso. Un’esempio attuale sono il Pakistan, l’Arabia Saudita (dove viene favorito l’Islam Sunnita) o Israele (dove i palestinesi sono emarginati)
Tuttavia anche gli Stati Secolari o Laici si trovano in difficoltà. Al di fuori del “Mondo Occidentale” il secolarismo non ha attecchito. In molti casi ci sono stati stravolgimenti che hanno portato la fine delle politiche a favore del secolarismo o movimenti contrari. Forti movimenti di protesta islamici sono sorti in Iran (che dal 1979 è una repubblica islamica) Afghanistan, Pakistan, Bangladesh e vari paesi dell’Africa Sahariana, ma anche movimenti Hindu in India, buddisti in Sri Lanka, cristiani protestanti in Kenya, Guatemala e Filippine, ultra-ortodossi in Israele. Ma il modello è altresì in crisi negli stati Occidentali.
L’immigrazione dai paesi in larga parte di credo musulmano o hindu6 dalle ex-colonie ha portato un aumento della diversità religiosa in ogni paese; inoltre le istituzioni delle religioni dominanti nei paesi che subiscono l’immigrazione fan poco per rafforzare e promuovere le relazioni intercomunitarie o ridurre la discriminazione. La crisi per tanto è dovuta ai valori secolari non condivisi dai nuovi cittadini e dalla preferenza degli stati verso una religione tradizionale del proprio paese.
L’autore analizza in seguito tre diversi modelli di “stati secolari”, ovvero quello francese, quello statunitense e quelli indiano.
Nel modello francese lo stato è nettamente separato dalle religioni ed ha potere per interferire nel privato. Il tentativo di marginalizzazione della Chiesa ha seguito un lungo percorso storico e filosofico, incentrato sulla libertà del cittadino individuale, dove l’uguaglianza prende il posto della omogeneizzazione della Chiesa. Un processo iniziato come protesta verso il sovrano e la classe del Clero, provocando un elevato numero di fedeli di altro credo in contrasto con la religione del sovrano. Proprio la nascita del secolarismo francese ha permesso un aumento delle libertà per coloro che non credono nella religione predominante, tuttavia ad oggi il modello è entrato in crisi a causa della massiccia immigrazione.
Nel modello degli Stati Uniti invece la società fin dalle origini ha dovuto affrontare una consistente frammentazione delle correnti religiose cristiane. Durante la presidenza di James Madison, viene promossa
una separazione netta tra le istituzioni e le chiese. Lo stato non interviene per tanto nei confronti delle varie forme di Credo (purchè non provochino danno alla società), pertanto il Congresso degli Stati Uniti non ha potere di legislazione su qualsiasi materia religiosa. La diversità religiosa pertanto garantisce uguaglianza. Tuttavia la crescita di correnti religiose che chiedono una maggiore presenza e libertà pubblica nella società oggi mette in difficoltà il modello statunitense.
In India, secondo l’autore, l’esistenza di una profonda diversità religiosa ha assicurato una risposta non solo ai problemi all’interno delle religioni, ma anche tra le religioni. Il secolarismo indiano è inestricabilmente legato alla profonda diversità religiosa, per tanto lo stato indiano garantisce ad ogni comunità diritti specifici. Non è presente un “muro impermeabile” tra il governo e le religioni, ma grande equilibrio e bilanciamento.
Per affrontare le difficoltà poste dalla contemporaneità, Bhargava presenta due modelli attuali di secolarismo, il “Principio della Distanza” e il “Secolarismo Contestuale”
Il Principio di Distanza prevede una sconnessione tra lo Stato e la religione a livello istituzionale. La Religione può intervenire negli affari dello Stato se tale intervento promuove la libertà o qualsiasi valore similare al laicismo. Si garantisce uguale distribuzione di risorse e uguale trattamento e si assicura la non interferenza, agevolando i cittadini qualora le loro religioni pongano loro dei divieti (è il caso degli obbiettori di coscienza). Ciò vuol dire che una pratica che sia vietata o regolata in una cultura possa essere consentita nella cultura minoritaria a causa dello stato distintivo e del significato che ha per i suoi membri.
Il modello del Secolarismo Contestuale appare ulteriormente bilanciato. Il secolarismo contestuale riconosce che il conflitto tra le pretese di libertà e la soddisfazione dei bisogni fondamentali non può sempre essere giudicato ricorrendo ad un principio generale. Piuttosto le divergenze possono essere risolte solo caso per caso e andando a cercare un equilibrio tra le rivendicazioni concorrenti
Tuttavia l’autore pone due obiezioni. I conflitti religiosi, in corso nella stessa India, sono al di là della loro conclusione. Instaurare uno di questi modelli o sistemi di prevenzione della violenza inter-religiosa (ben radicati in Occidente) è difficile. Inoltre La concezione dominante del secolarismo occidentale deriva da un’auto-comprensione idealizzata del modello francese e statunitense, piuttosto che dalle pratica vera e propria. La necessità di ritrovare un modello di secolarismo corretto, secondo l’autore, è attuale. Il confronto tra il sistema “Occidentale” e “Indiano” può dare spunti da ambedue le parti considerando tuttavia, secondo Bhargava, il modello indiano come il più indicato.