Le vittorie di Genova nella guerra di Successione Austriaca prima del Balilla

Tutti conoscono la Rivolta del Balilla e i suoi dettagli, ma viceversa non è chiaro il come si arrivò a quegli eventi. La politica d’equilibrio portata avanti dalle potenze europee nel corso del Settecento generò numerose guerre, in grado di coinvolgere tutti gli stati compresi i loro domini coloniali. La grande guerra del Nord (1700–1721), la guerra di successione spagnola (1701–1714), la guerra della Quadruplice Alleanza (1717–1720), la guerra di successione polacca (1733–1735), austriaca (1740–1748), la guerra dei sette anni (1756–1763) e la guerra di successione bavarese (1778–1779) videro nella sostanza il declino definitivo come superpotenze della Spagna, della Svezia e dell’Olanda (e ancor di più della Polonia-Lituania), un’accesa rivalità tra Francia e Regno Unito per il controllo dei mari e tra Austria e Prussia per l’egemonia europea e il tentativo di entrare nel novero dei grandi stati di Russia e Savoia, partecipando ai vari conflitti. I Savoia infatti seppero insinuarsi alla perfezione nei contrasti che dividevano le grandi potenze in Italia, sebbene fosse un fronte secondario. Obbiettivo di Francia e Spagna, accomunate dalla stessa dinastia dei Borbone, era quello di diminuire sensibilmente il predominio asburgico in Italia. Con i precedenti conflitti la fazione franco-spagnola aveva messo sul trono del Regno delle Due Sicilie (ufficialmente ancora diviso tra Sicilia e Napoli), esteso dalla Sicilia all’Abruzzo, un altro sovrano borbone (e i Savoia avevano ottenuto la Sicilia prima, scambiata con la Sardegna poi), ma puntava ora a diminuire il potere austriaco anche al Nord. Con la neutralità di Venezia (che approfittò delle guerre settecentesche per lucrosi affari ed per affermarsi come forza diplomatica europea), dello Stato Pontificio (per volontà di Benedetto XIV) e di altri stati (Massa-Carrara, Fosdinovo, Lucca, Piombino, San Marino, Cospaia, Ragusa) le forze austriache potevano contare sul proprio dominio del Ducato di Milano e indirettamente sui vescovati di Trento e Bressanone, sui rimanenti feudi imperiali, sul controllo sostanziale del ducato di Parma, Piacenza e Guastalla e sull’alleanza del Regno di Sardegna dei Savoia (e dei mercenari valdesi e patrioti corsi fedeli ai piemontesi), mentre le forza dei Borboni contavano sulle truppe di Spagna, Francia, Napoli, Sicilia e Stato dei Presidi e sull’alleanza del Ducato di Modena e Reggio (ma solo personale del duca, Francesco III d’Este, che si arruolò nell’esercito spagnolo mentre gli austriaci occupavano il suo dominio, invece la consorte del figlio, duchessa Cybo di Massa e Carrara, rimase neutrale) e del principato di Monaco (anche se il principe Onorato III Grimaldi e i suoi uomini combatterono in Belgio, non in Italia). Gli austro-sabaudi insomma controllavano facilmente il Nord Italia potendo contare inoltre su una continuità territoriale da Torino a Vienna, mentre i franco-spagnoli controllavano sì il Sud Italia, ma le forze franco-spagnole risultavano separate da quelle siculo-napoletane. Intravedendo così il beneficio nel poter far passare le truppe borbone sul suo territorio verso il Centro Italia e preoccupati dalla minacciosa presenza sabauda e asburgica sui suoi confini, interessati ad ottenere il Marchesato di Finale, la REPUBBLICA DI GENOVA, sotto Doge Lorenzo De Mari entrò in campo, siglando un’alleanza nel 1745 e schierandosi contro i Savoia (che tra l’altro controllavano Pietra Ligure) e gli austriaci. Le truppe unite dei Borboni e dei genovesi, sotto il comando di Giovanni Francesco Brignole Sale, attraversarono così la Liguria arrivando a Novi, da cui partì l’offensiva, conquistando Serravalle Scrivia, Tortona e vincendo nella battaglia di Bassignana, ponendo quindi sotto assedio Alessandria e conquistandola assieme a Valenza, Casale Monferrato e persino Piacenza e Parma. Improvvisamente però, la morte di Filippo V di Spagna comportò il ritiro delle truppe spagnole e francesi, lasciando così solo i genovesi a difendere tutto il territorio, proprio mentre gli austriaci inviavano rinforzi. Brignole Sale, che era stato richiamato frattanto a Genova per essere eletto Doge, seppe così che i genovesi dopo la battaglia di Val Tidone abbandonavano Piacenza, Parma, Alessandria, Tortona e che gli austro-sardi erano pronti a superare Novi e il confine, sotto la guida, per crudele gioco del destino, di Antoniotto Botta Adorno, di famiglia genovese e in cerca di vendetta per come la sua famiglia era stata oramai posta ai margini dei giochi politici in Liguria. Il 6 settembre 1746 Genova è assediata e a Sampierdarena il comandante genovese-imperiale chiarì al Doge in ginocchio che «ai genovesi lascerò solo gli occhi per piangere». I forti vengono così occupati e le truppe entrarono in città, ponendo a duro regime gli abitanti. Il 5 dicembre la misura era colma e, come risaputo, cominciò la celebre Rivolta del Balilla di Giovan Battista Perasso e dei tanti uomini del popolo che improvvisamente si ritrovarono a comandare i civili rivoltosi, mentre le truppe regolari e la nobiltà (asserragliata in Palazzo Ducale e dormiente) latitavano. Adorno è costretto alla fuga a Novi, da cui ritentò l’invasione, ma trovandosi spesso invece vittima di controffensive e assalti della popolazione civile col supporto economico del Clero grazie all’ex doge De Mari. Il 13 giugno 1747 finalmente le truppe franco-spagnole tornarono a dar manforte ai genovesi e il fronte si stabilizzò, sino alla Pace di Aquisgrana del 18 ottobre 1748. Con la fine della guerra l’Italia si avviava alla stabilità, con i vari contendenti che rientravano dei propri territori, coi Savoia che si ampliarono nel pavese e il Ducato di Parma e Piacenza che andava sotto un altro ramo della famiglia Borbone, mentre Modena e Reggio passava all’alleanza austriaca, ma soprattutto Genova confermava la propria libertà e assoggettava definitivamente il Marchesato di Finale, ultima acquisizione territoriale prima di perdere la Corsica e cadere pochi anni dopo sotto Napoleone.