Alcuni commenti tra una serie televisiva e l’altra…

Il Dinosauro
9 min readMar 24, 2021

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Un conoscente e collaboratore della nostra pagina ci ha concesso di presentarvi alcuni suoi personali commenti su alcune serie televisive. La maggior parte sono storiche (se non documentari veri e propri), così abbiamo pensato di condividere anche noi i suoi spunti.

I Medici — Considero questa serie tra le mie favorite in assoluto e uno dei pochi casi in cui la trasposizione televisiva batte di gran lunga il romanzo dei libri (che ho letto, trovandoli interessanti ma ampiamente sottotono rispetto alla serie televisiva). Storicamente presenta alcune imperfezioni, ma tutto sommato si possono soprassedere, a fronte di un cast davvero rilevante, una scenografia e una cura del dettaglio da prima classe e una trama generale accattivante. Nella prima stagione si segue l’avvento di Cosimo de Medici a figura predominante di Firenze e allo stesso tempo banchiere contro la famiglia Alvizi, nella seconda il nipote, Lorenzo il Magnifico, mentre si scontra con l’altra famiglia di banchieri dei Pazzi e nella terza lo scontro con i Papi, la famiglia savonese dei Della Rovere, il comandante savonese Riario e infine Savonarola. Un aspetto che trovo interessante è che generalmente sei portato a stare dalla parte dei Medici, ma se ti soffermi poi ti rendi conto che sotto molti aspetti sono i “cattivi”, che spesso i rivali sono dalla parte del giusto, che già ai tempi i “media” e il parere popolare erano fondamentali e l’opinione pubblica una bagascia. Di per sé, la serie secondo me giustifica la volontà di dominio dei Medici con l’intenzione di portare anche un qualcosa in più, a livello artistico e filosofico. La serie è per lo più a Firenze, con qualche sprazzo a Roma, nella campagna toscana, a Volterra, a Napoli, a Venezia, a Milano e a Sarzana.

I Borgia — per certi versi è molto simile ai Medici, quantomeno nel contesto delle cospirazioni e degli scontri di potere tra le famiglie nobili, ma mentre I Medici è praticamente sempre incentrato sulla politica e sull’arte, I Borgia sembra esserlo perennemente (anche eccessivamente) su vizi, complotti e macchinazioni attorno alla Curia romana (tra cui papa Borgia stesso, logicamente). Storicamente ha delle ricostruzioni, ma è soprattutto romanzato ed inesatto, quindi va preso molto con le pinze. A volte rischia di diventare noioso e ripetitivo, soprattutto quando insiste tanto sul fenomeno della lussuria. C’è da dire che di per sé è una serie complessa, d’altronde mette al centro una famiglia di per sé di anti-eroi, quindi difficile dire “chi sono i bravi?”. Papa Borgia è interpretato da Jeremy Irons, e secondo me è proprio la sua partecipazione a tenere alta la serie.

I Tudor — serie di quattro stagioni interamente incentrata su Enrico VIII. Per quanto in versione romanzata e drammatica, la serie è molto apprezzabile, nonostante l’assenza sostanziale di nomi di grande calibro. Ampio spazio alle manovre dei suoi ministri e lord ma anche tanto spazio alle relazioni internazionali con Francia, Impero e Papato. Gli errori storici si incentrano soprattutto sulla realizzazione visiva dei personaggi (principesse e regine abbellite, rapporti reinventati, lo stesso re molto più prestante e tutto sommato affascinante anche nell’ultima fase della sua vita) e poche volte sui fatti storici. Costumi ben realizzati, le ricostruzioni storiche ottime anche grazie ad un’ampia varietà di location. Ritmo sempre incalzante.

Versailles — Luigi XIV è protagonista di questa serie molto romanzata e reinventata dell’epoca del Re Sole. Incentrata sugli eccessi della corte e sulla figura di Luigi nel suo tentativo di voler essere trattato quasi come una divinità, riprende le questioni politiche interne del regno nello scontro tra sovrano e nobiltà recalcitrante agli obblighi di residenza, nella lotta politica internazionale e contro il suo “alter ego”, lo statolder d’Olanda, i contrasti religiosi e libertini, addentrandosi nei rapporti più intimi e nelle divergenze tra i personaggi soprattutto col fratello. Intrighi e passioni accese (la storia omosessuale del fratello di Luigi, Filippo, è una delle meglio costruite) si mischiano a intrighi e gialli. Nelle prime stagioni molte immagini d’eros e di violenza, via via più affievolite. Da segnalare che l’attore protagonista, George Blagden, è stato un personaggio importante anche in Viking. Per quanto gli scenari siano pochi (quasi sempre solo le stanze della reggia, poco altro) la grande ricchezza e la ricercatezza dei dettagli sono invece encomiabili. Personalmente trovo deludente la terza stagione e il finale un po’ monco.

Isabel — Di produzione spagnola, ho trovato Isabel molto sorprendente. Dal conflitto con il Portogallo e la nobiltà castigliana contraria all’incoronamento di una donna, al matrimonio con Ferdinando II d’Aragona e la costante duarchia e scontro tra gli interessi castigliani e aragonesi e matrimoniali tra Isabella e Ferdinando (le numerose rinunce che deve fare Ferdinando venendo lasciato spesso solo sul fronte coi francesi), la conquista d’America, la conquista di Granada sino allo scontro con gli Asburgo che già allungavano le mani sul regno unificato di Spagna. E ancora gli scontri col papato, i giochi di potere, le alleanze tra Francia, Inghilterra, Portogallo, Imperi… Grande cura, anche banalmente nei vessilli, e una grande ricchezza di scenografie. Personalmente la considero una gran serie decisamente sottovalutata. Michelle Jenner regala una grandissima caratura alla regina Isabella, si resta affascinati.

The Crown — Serie fantastica (e tutt’ora in corso), storicamente accurata, dettagliata, ricca di curiosità, aneddoti, fatti minori legati alla famiglia Windsor, alla Corona, al Regno Unito e agli eventi internazionali. Racconta mirabilmente dall’asce dal sovrano Elisabetta II sino agli anni Novanta (in attesa della nuova stagione confermata) mostrando la forza dell’istituzione monarchica nel superare tutti gli antichi diritti d’immagine (religiosi, elemento di coesione e coraggio durante la Seconda Guerra Mondiale) per trovare un proprio spazio e una propria motivazione anche negli anni a venire, sopravvivendo alla caduta dell’Impero Britannico e ai contrasti interni al Commonwealth, alle crisi economiche e dei lavoratori, alle cause indipendentiste in Galles e in Irlanda del Nord, alla maggiore libertà dei costumi accompagnandosi con tutti i primi ministri dell’epoca anno dopo anno. Oltre a questo, le relazioni e le crisi famigliari sono sviscerate sotto tutti i punti di vista e tutti i componenti della Royal Family. Tutto è curato al dettaglio, talmente ben disposto da risultare pesante rispetto a molte altre serie più briose. Ottimo ripasso di storia contemporanea. Possiamo dire che le uniche critiche sono pervenute… dalla famiglia stessa (e comunque molto blande).

Vikings — Una serie di contrasti. Storia e trama inventata ma in realtà ricca di spunti storici (anzi, riesce a mettere assieme praticamente tutti gli episodi principali della storia norrena), tanto eros e violenza ma anche tantissima simbologia e riflessione religiosa, tanta azione ma anche spesso troppa lentezza. Sorprendentemente, non c’è un solo vero e proprio personaggio, o quantomeno è la famiglia di Ragnar e i personaggi che orbitano attorno ma non solo. Dalle razzie alle prime vere e proprie invasioni dell’Inghilterra, con la presa del monastero di Lindisfarne (la prima storica razzia) e le successive conquiste territoriali in Inghilterra con le guerre contro Northumbria, Wessex, Essex e gli accordi per la fondazione del Danelow, le razzie in Francia, a Parigi, e l’insediamenti in Normandia, le incursioni nel Mediterraneo e lo scontro con arabi e “romani”, l’esplorazione dell’Islanda, le scorrerie nell’Est sul Volga e la fondazione della Rus’ di Kiev, ripercorrendo re, sovrani ed episodi storici realmente avvenuti ma raccontati in modo da collegarli tutti. Il dettaglio è tanto, sia come costumi che come location ma soprattutto nello spiegare il diritto norreno, le modalità di costruzione delle navi, i sistemi difensivi. Interessante sempre il contrasto tra il volersi spingere più in là e le proprie radici, venendosi a manifestare in mille sfaccettature, e la sete di conoscenza culturale e religiosa.

Rome — la serie, della HBO e della BBC (e si vede) aveva delle potenzialità rilevantissime, che fece moltissimo scalpore quando uscì ma che oggi probabilmente troverebbe ben altro successo. Girata a Cinecittà, ha presentato una ricostruzione degli spazi fantastica, facendo vivere per davvero la Roma di quell’epoca (o quantomeno come doveva presentarsi, tra gli sfarzi e le ristrettezze). Racconta di due personaggi semi-inventati, che si innestano con i personaggi realmente esistiti di Cesare, Catone, Cicerone, Pompeo, Crasso, Augusto, Antonio e Cleopatra. La grande presenza di scene di sesso e violenza è stata distruttiva in Italia, risultando una scelta troppo coraggiosa per la Rai in prima serata (sono sicuro che oggi le cose sarebbero andate ben diversamente) ma unita alle numerosissime invenzioni e modifiche storiche, si rivelarono una condanna per la serie, che fu interrotta. Un gran peccato.

Marco Polo — a parte la presenza di Pierfrancesco Favino, risulta senza infamia e senza lode. O meglio, meriterebbe tante lodi (già solo per la cura storica degli abbigliamenti e il farci comprendere la cultura mongola) ma tutto sommato rischia di diventare noiosa. Si ispira liberamente al Milione, mettendo nella prima stagione al centro Marco Polo, ma nella seconda variando i punti di vista dei personaggi che risultano sempre ben caratterizzati. Non fanno mai nulla per caso, ogni decisione è ben motivata. È abbastanza “alta” come serie, ricercata, studiata, non fatta per intrattenere, anzi annoia. Forse un po’ sempre cupo come ambiente. Sfortunatamente è stata cancellata. La si trova su Netflix.

L’Impero romano — Documentario che racconta la vita di tre differenti leader romani, ovvero Commodo, Giulio Cesare e Caligola. Le stagioni hanno in media 5 episodi, rimando scollegate le une dalle altre. Di per sé appare come una serie, ma c’è una voce narrante che illustra e spiega ogni cosa con interventi di storici tra una scena e l’altra. Raccontando gli esordi, l’apice e la fine di questi personaggi, non è troppo esplicita come scene di violenza o eros, ma in ciò le descrizioni dei contesti, dei retroscena e al disegno psicologico dei personaggi, privo di tutti i classici luoghi comuni scolastici (ad esempio su Caligola, molto meno matto di quanto sia stato raccontato a scuola)

Gli ultimi Zar — la serie si intervalla ai commenti degli storici. Molto breve, sono solo 6 puntate. Racconta bene gli aspetti della caduta di Nicola II come zar e i motivi per cui la Rivoluzione è riuscita. È secondo me caratterizzata dalla classica visione storica che vede Nicola II come l’idiota di turno che non comprende la situazione (non che abbiano troppo torto) senza incentrarsi su tutti gli altri aspetti storici che solo ultimamente stanno diventando oggetto di valutazione (che non mitigano certo le colpe di Nicola II), salvo poi impietosirsi per come è stato ucciso. Ampio spazio alla vita della famiglia reale, pochissimo anzi nullo alle azioni politiche del sovrano con le motivazioni. La si trova su Netflix.

Empire of the Tsars — Non è una serie, è un documentario di tre puntate. Racconta tre periodi chiave della famiglia Romanov di Russia, ovvero l’ascesa al potere di Pietro il Grande, che ha lanciato la Russia a livello internazionale, il periodo delle zarine Caterina, Anna e dello scontro tra Napoleone e Alessandro II che ha reso la Russia uno dei grandi imperi mondiali, ed infine il periodo ottocentesco con il crollo dell’Impero sotto lo zar Nicola II e la Rivoluzione prima liberale e poi bolscevica. Ha chiaramente un’impostazione all’inglese, storici che spesso pongono giudizi personali pesanti o omettono particolari per dimostrare le proprie osservazioni, ma è molto interessante quantomeno nello spiegare il come e il perché delle azioni degli zar anche nel quotidiano (perché Pietro doveva costruire una flotta, perché obbligarono i nobili a vestirsi leggeri e all’occidentale sbarbandosi e abbandonano i vestiti pesanti, perché hanno costruito certi palazzi, perché non potevano ascoltare il popolo…). Di questa serie mi rimarrà la curiosità di provare il whisky con grani di pepe.

L’Impero Ottomano — Storicamente molto ben accurata e dettagliata, ben poco serie, molto più documentario. Racconta in 6 puntate gli avvenimenti che portarono al crollo di Costantinopoli, ovvero il momento in cui l’Impero Turco-Ottomano divenne davvero impero con la fine dell’ultimo remasuglio dell’antica Roma nel 1453. Produzione turca e americana, è ben raccontata senza però cedere nulla all’immaginazione. Tra l’altro, dà molto spazio alla presenza dei genovesi, fondamentali durante quell’assedio.

Frontiera — Serie in realtà non storica, per quanto mi sembra giusto citarla comunque per la contestualizzazione degli avvenimenti. Ameria (Canada per lo più) del Settecento, incentrata sul personaggio di Harp (interpretato da Jason Momoa) nel suo tentativo di abbattere il monopolio commerciale e territoriale della Compagnia della Baia di Hudson, in concorrenza con altri mercanti scozzesi, francesi e statunitensi, o con tribù pellerossa avverse. Ambientazioni affascinanti, luoghi mozzafiato, ricostruzioni eccellenti, ma limitati da una trama estremamente ridotta e da un argomento (il monopolio del commercio di pellicce) inusuale e un po’ limitato. Oltre a questo, tutto è incentrato su Harp, ma quando è assente (il ché avviene abbastanza) sembrano tutti un po’ smarriti. Presente su Netflix, è stata interrotta.

The English Game — premessa, è sul calcio, ma essendo una storia vera e incentrata più sulle differenze di classi sociali vittoriane la presento comunque. Racconta la conflittualità in epoca Vittoriana tra il calcio appannaggio dei nobili, che potevano dedicare tempo e risorse al gioco senza ricevere logicamente nulla, e gli operai, che dovevano ritagliarsi gli spazi nel dopo lavoro, rimettendoci i soldi e dovendosi scontrare con la fatica, la mancanza di mezzi, la povertà e situazioni sociali difficili. Il protagonista, operaio scozzese, fu il primo giocatore della storia ad essere pagato, cosa che alimenta la tensione tra le classi. Calcio a parte, sono belle le storie romantiche ed è un bel spaccato della società di allora, quindi mi permetto comunque di consigliarlo.

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